Conoscere il Messico è come scoprire per la prima volta il caleidoscopio.
Infinite possibilità tutte ai limiti del vero. Un numero straordinario di omicidi che nel 2009 fanno di Ciudad Juarez la città più violenta nel mondo; seguono Caracas, New Orleans, Tijuana, la decima è Bagdad. Secondo i dati ufficiali dell’Osservatorio sulla Sicurezza e Convivenza civile di Ciudad Juarez, nel trimestre gennaio-marzo del 2009, il tasso degli omicidi a Ciudad Juarez è stato di 115 ogni centomila abitanti.
Nel 2010 la cifra sulla stessa scala diventa di 224, ovvero 2980 uccisioni su un milione e 400 mila abitanti. L’età prevalente delle vittime è tra i 18 e i 35 anni.
Gli immigranti che tentano di attraversare il confine dal sud verso gli Stati Uniti alimentano l’esercito di fantasmi sequestrati e trucidati: 20-26 mila l’anno. Anche in questo caso i dati ufficiali sono solo indicativi.
Dall’ultimo rapporto di Amnesty International (2012) si capisce che la realtà potrebbe essere drammaticamente diversa. Tutto questo succede sotto gli occhi di autorità, Polizia federale, turisti e cooperanti. Lo scorso mese di maggio mi trovavo proprio a Città del Messico insieme al Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria dott. Ottavio Sferlazza, per la V Cumbre della legalità che si è svolta nella città di Chihuahua.
Alle dieci del mattino si verifica un sequestro di massa a pochi metri dal nostro albergo, nel pieno centro di Città del Messico. Stavolta scompaiono undici ragazzi tra i 16 e i 34 anni, portati via da numerosi uomini vestiti da agenti della Polizia Federale. Una bella messa in scena con tanto di furgoni blindati, telecamere e armi pesanti. Tutto normale, anche la sparizione che continua a restare misteriosa nella video-sorveglianza della città. Tutto è possibile nel Messico della Conferenza mondiale sul clima, in quello delle aragoste di Cancùn e Playa del Carmen. Numerosi investimenti di operatori economici italiani dai nomi già noti per chi cerca nelle indagini giudiziare di ndrangheta e camorra. La musica è la stessa.
Come i canti di malavita e i neomelodici, dilagano gli spettacoli dei narcocorrido, ballate popolari che celebrano le gesta dei capi dei narcos. Poca roba per noi che siamo abituati a vedere superata la soglia di due milioni di visualizzazioni per “O latitante” o per vedere ancora circolare i “Canti di malavita” spacciati come un raffinato codice di cultura popolare.
Ma anche in questo caso in Messico hanno superato la più viva immaginazione. In Italia non siamo riusciti a mettere a tacere i neomelodici; sui social forum aumentano gli schieramenti per l’esercito degli uomini d’onore. Non è reato inneggiare la ndrangheta o cosa nostra mentre esiste il reato di apologia del fascismo.
E mentre i canti di malavita potenziano la mitologia del mafioso italiano, in Messico qualcuno ha avuto l’idea di verificare ogni concerto che si svolge in pubblica piazza. I promoter che organizzano i concerti di narcocorrido devono versare un’ingente cifra come “garanzia di correttezza”.
Il deposito non viene restituito se durante il concerto i cantanti celebrano le gesta dei narcos. Ottima idea del Governatore dello Stato di Chihuahua che si iscrive nell’ottica di una sorta di “coerenza divergente” di cui il potere si serve nelle situazioni estreme. Nella stessa logica sono da leggere le norme del codice penale tedesco che mentre vietavano assolutamente la cottura delle aragoste vive in acqua bollente per l’atrocità della morte, riconoscevano la liceità della soluzione finale nei campi di sterminio.
E’ tolleranza zero, da parte della autorità delle regioni più settentrionali del Messico, nei confronti dei narcocorrido, ballate popolari che celebrano le gesta dei Boss dei maggiori cartelli del narcotraffico del Paese: il genere, molto popolare nella parte più vicina ai Stati Uniti del paese centro-americano (quello più martoriato, per inciso, dalle guerre tra boss delle organizzazioni criminali locali) è stato messo nel mirino delle amministrazioni nella speranza di mettere a tacere, o di limitare fortemente, le celebrazioni dei ferocissimi capi dei clan impegnati nel commercio e nell’esportazione di sostanze illegali.
A inaugurare il nuovo corso è stata la giunta di Chihuahua, che lo scorso weekend ha spiccato una sanzione da 100mila pesos (pari a oltre 8000 dollari americani) nei confronti dei un promoter locale “reo” di aver organizzato un concerto di Alfredo Rios, meglio conosciuto col nome d’arte di El Komander, una delle star più in vista sul panorama norteño: nello specifico, da qualche mese a questa parte chiunque nella zona richieda il permesso di organizzare un concerto è obbligato a versare una cauzione da 100mila pesos come garanzia di correttezza. Nel caso sul palco vengano celebrati i boss delle organizzazioni locali il deposito non viene più restituito, per venire impiegato nel finanziamento di organizzazioni benefiche che operino sul territorio.
“In un contesto di violenza generalizzata, a nessuno può venire concesso di celebrare la criminalità”, ha commentato il portavoce dell’amministrazione di Chihuahua Javier Torres:
“Questo genere di musica alimenta quella cultura, specie presso i giovani in età scolare, che riferendosi al crimine riesce addirittura a renderlo attraente. Si tratta solo di proteggere i nostri concittadini e soprattutto i nostri ragazzi, e per farlo non occorre necessariamente un aumento della potenza di fuoco della polizia”.