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Villatico è una piccolo borgo della provincia di Lecco: una collina bellissima a due passi dalla Svizzera con alcuni affacci mozzafiato sul Lago di Como e tante montagne incastonate all’orizzonte come fossero la veduta prospettica di una scenografia teatrale.

Una delle tante case in pietra, prima dimora di contadini e pastori oggi è diventata una sorta di Trattoria delle arti, un laboratorio permanente in cui Walter Orioli e Roberto Motta hanno fatto nascere la Federazione Italiana Teatroterapia.

Lo spazio rievoca i disegni di Escher: la combinazione di due cucine, una sala da lavoro, quattro stanze da letto, una stalla, un fienile, una roulotte abbandonata, un finto giardino zen, una finta pagoda, un orto sgangherato.

Tutti collegati da un passaggio, un’infinità di porte collegate da passaggi imprevedibili e corpi aggiunti. Con il loro paziente lavoro Walter e Roberto hanno trasformato questo spazio con l’amore e la dedizione di chi deve accogliere il migliore dei suoi ospiti; con la sensibilità di chi crea un meraviglioso giardino.

Hanno accolto studiosi di teatro, artisti di ogni parte del mondo, intellettuali, mistici e giovanissimi studenti dello spettacolo. Con il tempo però la realtà ha mostrato il suo aspetto più duro: le conquiste si trasformano in nuove scommesse; gli obiettivi raggiunti vanno rimessi in discussione perché si rivelano presto inefficaci. Per raggiungere la stessa meta occorre creare aggregazione, individuare bisogni e temi condivisi, trovare itinerari diversi. I percorsi della conoscenza si trasformano.

Il laboratorio è spazio fisico in quanto spazio sognato con cui esercitiamo il nostro desiderio di libertà. E nel tempo la libertà è costruzione di continue limitazioni, barriere, fortificazioni. La protezione si trasforma in fissità; lo spazio sognato diventa un movimento dell’animo che esercita la sua forza di resistenza alla morte.

Per costruire uno spazio occorrono muratori per i mattoni e operai per il sogno. Nell’esperienza dell’Associazione Politeama, nei sogni di Walter e Roberto, ci sono sempre stati questi “architetti” del sogno e hanno fatto miracoli ogni qual volta sono riusciti a liberarsi della materia morta per ricostruire una forma diversa con un sogno diverso.

Per questo motivo il laboratorio di Villatico ha acquistato una grande forza di attrazione; non era solo un luogo “ideale” come le città descritte dai filosofi (“La città del sole” di Campanella, l’isola “Utopia” di Tommaso Moro, l’”Atlantide” di Francis Bacone) ma un progetto concreto che vedeva coinvolte piccole comunità di uomini e donne. Difficile spiegare cosa sia successo in questi anni di attività se le categorie di riferimento sono quelle della produzione di tecniche o di modelli teatrali.

Bisogna guardare agli effetti apparentemente più banali, nei modelli di comportamento, nei destini individuali, nel sistema di resilienza. Sono queste le piccole miniere che hanno mantenuto in vita il sogno di Villatico.

“Consideriamo i difetti e i conflitti umani come momenti necessari al raggiungimento dell’armonia”.

Questa frase posta sulla prima pagina del libro di Walter diventò nel tempo una bussola efficacissima per capire come stavano usando il teatro. Come una terra in cui niente appartiene a nessuno; come una terra in cui nessuno appartiene a niente.