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Dissolvere il nemico con la classica macchina del fango per rimuovere le persone pericolose al sistema. In Italia il metodo è ben conosciuto: applicato con tecnica ormai consolidata da sodalizi di uomini dello Stato e giornalisti, di politici e mafiosi.

Non è una novità per nessuno ma non si capisce perché si sia persa la percezione di questo uso criminale del potere. Eppure la lista delle vittime della macchina del fango è tristemente lunga. Cosimo Cristina: primo giornalista siciliano ucciso dalla mafia. Dopo la sua morte la versione ufficiale fu che si era suicidato per problemi economici. Mauro de Mauro: giornalista siciliano. Considerato un fascista e un narcotrafficante. Peppino Impastato: attivista politico siciliano. Dissero che era un terrorista e che era saltato in aria mentre preparava un attentato.

Pippo Fava: giornalista siciliano. Dopo la sua morte commissionata da imprenditori collusi con la mafia che aveva denunciato, dissero che era un pedofilo e che era in affari con Gheddafi. Il suo omicidio sarebbe stato ordinato da mariti gelosi. Mauro Rostagno: giornalista. Considerato un drogato, un terrorista, dissero che era stato ucciso per questioni di donne. Giovanni Falcone: calunniato e delegittimato da vari settori delle istituzioni. Secondo il chiacchiericcio la bomba all’Addaura l’avrebbe messa lui stesso.

Beppe Alfano: giornalista, considerato un pedofilo. Peppe Diana: parroco, ucciso dalla camorra; dissero che custodiva le armi per i mafiosi. Roberto Saviano: giornalista. Considerato un matto, un “professionista dell’antimafia”, un paladino degli ebrei, un infame. Certo fa ancora effetto sentire dei parlamentari definire Antonio Gramsci un pregiudicato.

Ci ritorna in mente che era proprio un uomo dello Stato, il Pubblico Ministero Michele Isgrò nell’udienza del 2 Giugno 1928, ad avvertire che bisognava impedire a quel cervello di funzionare per almeno venti anni. Oggi Gramsci sembra immortale: i suoi scritti sono di grande attualità e circolano in tutto il mondo. Purtroppo sono tanti altri cervelli che non riescono più a funzionare.