La drammatica storia di Satnam Singh, lavoratore indiano lasciato morire nei campi di Cisterna di Latina è una chiara rappresentazione dell’esistenza di una nuova forma di schiavitù.
Il fenomeno del lavoro forzato riguarda 27,6 milioni di persone in tutto il mondo: almeno 17,3 milioni nel settore economico privato e quasi 4 milioni nel settore pubblico, senza contare gli oltre 6 milioni di persone vittime di sfruttamento a scopo sessuale.
Satnam Singh lavorava nove ore al giorno per 6 euro l’ora. Si può affermare che lavorava ma non si può dire che il suo fosse un vero lavoro.
Satnam veniva tratto come una forma di merce che si usa fintantoché non si deteriora e viene tranquillamente abbandonata fra i rifiuti. Sono realtà che ci riportano indietro nel tempo, quando tratta e schiavitù furono ampiamente usati come motore dello sviluppo economico occidentale.
Il pensiero aristotelico in base al quale un essere umano che apparteneva ad un altro era “schiavo per natura” ha legittimato la colonizzazione, deresponsabilizzando istituzioni religiose e politiche che di schiavi si servirono per secoli.
Satnam Singh è stato vittima di uno dei tanti meccanismi insidiosi della nuova schiavitù: era un immigrato, cioè un essere umano che per problemi di lingua, di ricerca di alloggio, di cibo e di diritto legale di rimanere nel paese, doveva sottostare a qualunque regola gli venisse imposta.
In altri casi, sono le mafie a servirsi del lavoro forzato, sono forme subdole di controllo del territorio che non fanno differenze di cittadinanza o di età e che spesso svelano l’esistenza di un’ampia rete di corruzione e, certamente, della fragilità dello stato di diritto.
Le istituzioni italiane non potranno più indugiare nel tutelare il lavoro regolare e nel perseguire tutti i casi di lavoro forzato e di violazione dei diritti umani.
Non è stato sufficiente abolire il lavoro forzato. Nella patria di Satnam il lavoro forzato fu abolito nel 1976 e, qualche anno dopo, lo Swami Agnivesh fondò il Bonded Labour Liberation Front, liberando molte persone dalla schiavitù delle industrie tessili e delle fornaci di mattoni.
Swami Agnivesh sapeva che non era sufficiente l’esistenza della legge per abolire il fenomeno dello sfruttamento lavorativo. Sosteneva che non basta maledire l’oscurità, ma bisogna “accendere una candela”, visibilizzare il problema.
Satnam Singh ha illuminato una parte del nostro paese. Ci auguriamo che tutti facciano la propria parte.